[Suggerimento musicale per la lettura: Swan lake_Tchaikovsky ]
“L'uomo è nato libero, ma ovunque è in catene"_ Jean Jacques Rousseau_
Ginevra
giace sul lato sud-ovest del lago Lemano, abbandonata ai sogni delle dolci
correnti e vegliata dal solido Monte Bianco che, amorevole, la protegge.
Cinque
mesi, cinque: questo il tempo che trascorrerò insieme a lei, cercando di carpirne
le visioni. Nel frattempo, l’obiettivo è chiudere la prima stesura del mio
romanzo ed editarlo fino a quando non sarà diventato scorrevole. Ovvero ad libitum.
Non mi
soffermerò sulle duecento organizzazioni internazionali che hanno sede qui, né
all’incredibile miscuglio di lingue e razze che convivono in questa piccola
città.
Non mi
pronuncerò sulla sua storia, sul suo ruolo nell’Europa, né farò digressioni
sulla sua cucina o sulla famigerata fondue.
Poco lontano, ad ovest, c’è il CERN al quale si potrebbe riservare una
trattazione a parte.
Non ne
scriverò perché non sono queste le cose che hanno catturate per prime la mia
attenzione.
C’è
qualcosa, qui, che non riesco ad afferrare ma che mi affascina e mi commuove
oltre ogni limite.
Mi
riferisco al lago.
È lui il
vero cuore di questo pezzo di mondo. Un gioiello d’acqua pulitissima
incastonato a 370 e passa metri di altitudine tra le Alpi e il Giura, e bucato
dal Rodano e dall’Arve, i suoi due principali corsi d'acqua.
Quando
si cerca “Ginevra” sul web si trovano
informazioni contrastanti: è bellissima ma noiosa, è viva ma fredda, è cosmopolita
ma diffidente.
Io non
so come sia questa città: ci sono arrivata tre settimane fa ma ancora mi sfugge
la sua natura.
Di certo
qui manca la colorata confusione di Roma, sostituita da una efficienza proverbiale.
Insomma: a Ginevra ti suonano col clacson solo se fai un’infrazione e non per
farti sbrigare se scatta il semaforo verde.
La
temperatura è un’altalena.
Quando esce il sole fa un caldo terribile,
stemperato da un vento freddo e umido che arriva direttamente dalle Alpi
innevate, visibili da praticamente ovunque. Quando il sole è coperto da fitti nuvoloni grigi il freddo entra nelle ossa e non si toglie più. Non resta altro da fare che entrare in una caféterie a bere quello che, per noi italiani, è un surrogato annacquato di caffè bollente. Alla modica cifra di 8 franchi svizzeri, ovvero 6 e passa euro.
Dimenticavo
di scrivere che è la città più cara d’Europa.
La gente
in compenso è cordiale, poliglotta e “moderna”. Un po’ troppo alla moda per i
miei gusti ma i locali radical chic
non mancano e sono frequentati da gente all’apparenza anticonvenzionale. Salvo
poi rientrare in un sottoinsieme che ha delle proprie convenzioni, ma lasciamo
perdere.
Io oggi
voglio parlare del lago. È lui il vero protagonista, insieme a una natura
ubertosa. I paesaggi sono magnifici e tolgono il fiato. Proprio ora mentre
scrivo due nibbi svolazzano sul palazzo di fronte. Due nibbi. Due aquile. Come
a Ferrandina, solo che laggiù abito quasi in campagna e in un territorio
selvaggio e antico. Qui abito nel centro della città, nel cuore del mondo.
Quando
esco e vado in un parco a raccogliere le idee che proprio non vogliono stare
dove dovrebbero, ovvero nella mia testa, mi viene incontro un pavone che fa la
ruota o un daino che cerca cibo. Corvi ovunque: messaggeri di Odino. Giardini
che sono un’esplosione di colori e di forme. E in fondo a tutto questo, a
sorreggerlo e incorniciarlo lui: il lago più grande d’Europa.
Se esco,
è lì che vado.
Sì, un
giro nella città vecchia e nella cattedrale dove ha predicato Calvino lo
faccio, di tanto in tanto. Qualche locale dove fanno la birra buona. Ma il
lago, signori miei, il lago…
È pura
poesia.
Neppure il
luccichio di banche, gioiellerie e orologerie può nulla contro gli sfavillanti
riflessi del sole sulle increspature dell’acqua. Chiunque abbia un cuore
sensibile percepirà l’ispirazione salire dall’acqua e insinuarsi dolcemente
nelle arterie, fin su alla radice dei capelli. Una natura così volubile che ti
illude di essere ovunque pur rimanendo immobile.
Non
credo di riuscire a tenere il conto di tutti gli artisti che hanno vissuto o
hanno abitato per brevi periodi in questi luoghi, attratti da queste acque come
api da una tinozza di miele.
Rousseau
e Voltaire, i filosofi del secolo dell'Illuminismo, vissero a Ginevra. Il
pensiero del primo ispirò la Rivoluzione francese.
Il
compositore russo Igor Stravinsky e la sua famiglia si stabilirono a Montreux nel
1910 e poi a Clarens e Morges. Guardando il lago scrisse Le Sacre du Printemps,
e fu durante le sue passeggiate lungo il Lago di Ginevra che fu ispirato nella
composizione di Petrouchka.
Tchaikovsky,
la cui tomba ho visitato a San Pietroburgo (ne parlo in questo articolo), compose
a Clarens, qui sul lago di Ginevra, il meraviglioso Concerto per violino e
orchestra op 35 in soli 25 giorni. Quello trascorso su questo lago fu per lui
un periodo terribile: si era infatti appena sposato, frustrando la propria
omosessualità. Quell’opera ne è viva testimonianza.
Byron visse
a Ginevra e proprio qui, a due passi da dove vivo io, scrisse Il Prigioniero di
Chillon, due atti di Manfredi e il terzo canto di Childe Harold.
Nell’estate
del 1816, Shelley andò in Svizzera per incontrare Lord Byron. Divennero amici,
tanto da prendere casa vicino, sulle rive del Lago di Ginevra. Shelley scrisse
che la vicinanza di Byron lo portò a raggiungere una propria espressione
poetica e che, un giro in barca fatto insieme su questo incredibile lago, lo
ispirò a scrivere l’Inno alla Bellezza Intellettuale.
In una
sera di pioggia, mentre i due amici, Mary Wollestonecraft Godwin, moglie di
Shelley, e John Polidori erano riuniti intorno a un caminetto, Byron lanciò la
sfida che ognuno scrivesse il proprio racconto di fantasmi. Poco dopo, in un
sogno ad occhi aperti, Mary concepì l’idea di Frankenstein. Lo terminò che non
aveva ancora 19 anni sempre qui, nei pressi di queste acque chiare.
Mentre
passeggio sul Pont du Mont Blanc, davanti al Jet d’Eau, scopro che sono nello
stesso molo in cui, nel 1898, Elisabetta di Baviera la principessa Sissi venne colpita a morte dall'anarchico
Luigi Lucheni.
Qui
visse e morì (e pretese di essere seppellito) Jorge Luis Borges. Credo che il suo spirito si aggiri ancora da queste parti e sussurri: "sono cieco e ignorante, ma intuisco che sono molte le strade". lo so, lo sento, perché mi viene in mente questa frase ogni volta che guardo il lago.
Sempre a Ginevra Fëdor Dostoevskij scrisse L’idiota, e mi fa un certo effetto pensare che la mia strada si incrocia di nuovo con la sua (qui l’articolo).
Sempre a Ginevra Fëdor Dostoevskij scrisse L’idiota, e mi fa un certo effetto pensare che la mia strada si incrocia di nuovo con la sua (qui l’articolo).
Non
lontano dal centro della città Germaine de Staël, meglio nota come Madame de Staël, diede
vita ad uno dei circoli culturali più illustri d'Europa. Da queste rive si
oppose al regime napoleonico e influenzò Alessandro Manzoni.
Qui
vissero per lunghi periodi Strauss e Goethe e proprio colui che ispirò in me il desiderio di scrivere, Charles Dickens fu guardando questo lago che scrisse il mio amatissimo Dombey
e figlio, nel 1846.
Tutti,
tutti loro facevano lunghe passeggiate solitarie intorno a questo lago.
Compreso
Victor Hugo, che si recò spesso a Montreux per trarre ispirazione. Nella stessa
città Lev Tolstoj, nel 1857, scrisse I mendicanti.
Un secolo
dopo fu il turno di Simenon: a lui il dolce mormorio delle acque suggerì di
creare il commissario Maigret.
Il 15
aprile 1942, a Ginevra, moriva Musil e qui fu sepolto. Nello stesso cimitero
dove si trovano Piaget, Borges e Denis de Rougemont. Fu quest'ultimo che con L’amore e
l’occidente cambiò il mio modo di intendere le relazioni amorose.
Queste stesse
rive conobbero i tormenti di Joseph Conrad e di Hugo Pratt con Corto Maltese , e
fu in una libreria di Ginevra che Céline abbordò Elizabeth Craig, la donna a
cui dedicò Voyage.
Henry James fu letteralmente rapito da questa città, come racconta nel suo Viaggio in Svizzera, così come lo scrittore Julio Cortázar che scrisse Rayuela, Il gioco del mondo, definito l’antiromanzo.
Negli anni novanta Krzysztof Kieślowski girò a Ginevra Film Rosso, mentre anche David Bowie e Phil Collins eleggevano questo lago a loro tempio d’ispirazione.
Tutti questi artisti, e molti altri, furono sensibili a questi luoghi, al loro commovente lirismo.
Intorno
al bordo del lago si inanellano come perline su di un filo testimonianze del
passaggio di scrittori, musicisti, poeti, pittori, creativi d’ogni risma.
Cinque mesi, cinque.
Cinque mesi, cinque.
Non ho intenzione di perdermene nemmeno una, a cominciare da Montreux, paesino medievale particolarmente fecondo di ispirazione.
Sarà la mia prossima tappa.
Sarà la mia prossima tappa.
Ci sono molte cose inspiegabili, qui, ma una è certa: questo lago ha un incanto che accompagna i sognatori, da sempre.
È stato così per tutti questi grandi del passato.
È stato così per tutti questi grandi del passato.
E se è stato così per loro…
E tu chi sei, per sottrarti all'ispirazione ginevrina? ;)
RispondiEliminaIn bocca al lupo, amica! :*
Sarà per te! ^_^
RispondiEliminaIncrociate anche voi le dita per me? ^^
RispondiEliminaEvvai che Heidi è stata conquistata dal lago.
RispondiElimina:-)
Che c'avrai contro Bracciano? i soliti italiani provinciali che all'estero è tutto mejo
:-D
Io preferisco ispirarmi qui:
http://norbert.smugmug.com/Montagne/Dolomiti-2005/2169931_R6gXxF#!i=112714408&k=LZDdr8K
Un saluto
N.
Amo Bracciano. Ho scoperto di amare i laghi molti anni fa. TUTTI i laghi (escluse le dighe). Esercitano su di me un fascino particolare.
RispondiEliminaLe dolomiti?
E come si fa a rimanere indifferenti davanti a quello spettacolo? Solo le foto mi fanno accapponare la pelle.
Senza parole.
Allora DEVI andare in pellegrinaggio al algo di Braies
RispondiEliminahttp://norbert.smugmug.com/Montagne/dolomiti-mix/2169569_FBncvW#!i=112697728&k=8xFMzWp&lb=1&s=A
ovvero
http://norbert.smugmug.com/Montagne/Dolomiti-2011/18136497_R9tM6V#!i=1392289559&k=wtWHVfC&lb=1&s=A
Anche Misurina è ben bello. Ma se ci vedo sopra i pedalò mi deprimo
Ci andrò!
EliminaCiao Rosanna,
RispondiEliminasono particolarmente curioso delle tue sensazioni su Ginevra, e attendo con molto interesse ulteriori tuoi scritti.
Lo sono perche' a me Ginevra (lo dico senza giri di parole) ha fatto vomitare: l'ho trovata insulsa, sterile, orrenda.
Ho passato a Ginevra un giorno intero: avevo una degustazione la sera, e il volo alle 18 del giorno successivo, quindi ho passeggiato per molte ore, e molti km, ricavandone le peggiori sensazioni possibili. A oggi rimane la _peggiore_ citta' che abbia mai visto.
Certo, posso concordare con te sul lago di Ginevra, sul panorama di Ginevra, sui dintorni di Ginevra (che non conosco), sul quelchevuoi di Ginevra... ma di "Ginevra di Ginevra", cosa e' rimasto? Dov'e' il suo cuore, la sua anima? Nella rinomata "aiuola-orologio" (brrr), o nel fottutissimo "geyser"?
Puo' anche darsi che non ne abbia colto l'anima, anche se mi sembra strano: 12 ore di camminata di solo a guardare e ascoltare non sono sufficienti a capire una citta', ma sono di solito sufficienti a sentirne il respiro, a capirne a grandi linee il senso. E io, in quella distesa insensata di banche e orologerie, non ho sentito assolutamente nulla.
Ma, ripeto, attendo con molta curiosita' le sensazioni dettagliate di una persona che stimo.
Un abbraccio.
Leo aka Beleg
Mio caro Leo,
RispondiEliminacomprendo le tue sensazioni. Di primo acchito, la città risulta fredda: troppe banche, troppe gioiellerie, troppe insegne luminose. La temperatura non aiuta: questo vento freddo, chiamato bise, costringe chiunque a non fermarsi per strada, a non rimanere davanti ai locali a chiacchierare. Sbrigare in fretta faccende e subito a casa.
A meno che non si lavori nel mercato finanziario, presso l'ONU o una delle tantissime organizzazioni internazionali (e quindi l'atmosfera cambia ancora, perché in quelle sale si incontrano persone da ogni angolo del mondo), bisogna lasciarsi alle spalle la città, imboccare la rive gauche e dirigerti verso Losanna in linea d'aria.
Ginevra è in tutto e per tutto un centro bancario e commerciale. Questo è un fatto indiscutibile e questo, forse, è ciò che ti ha colpito negativamente.
La città vecchia nasconde ancora qualche scorcio caratteristico, stile secolo dei lumi. La cappella dei Maccabei e la cattedrale, il quartiere di Carouge con le case a due piani e le losanghe colorate. Come ho scritto: sì, qualche giro lo faccio anche da quelle parti.
Ma è il lago il vero protagonista. Passeggiando sul lago, ignorando le signore all'ultima moda con i loro passeggini firmati, ti dirigi verso il Parc Bertrand, nel quartiere Champel, e tra un corvo che ti cammina accanto e dei passeri che letteralmente planano in mano (se hai dei semini per loro), vedi un pino dell'Himalaya e tre sequoie giganti.
Come scrivevo, non è calda e colorata come le città italiane. Noi siamo abituati diversamente. Da noi il clima fa tantissimo: di questi giorni, a Roma, mi bastava uscire a due passi da casa verso il quartiere Pigneto per un aperitivo o un buon bicchiere di vino e vedere tavolini fuori dai locali a lume di candela, divani messi accanto a librerie nei wine bar dove una bella musica country o rock fa compagnia; o meglio ancora, capita che una scuola di tango porti con sé le casse in spalla e occupando la via cominci a ballare, coinvolgendo gli astanti.
Oppure ancora capita che nel locale dove fanno piatti romaneschi, il proprietario munito di baffi, canti servendo ai tavoli, ciarlando con i clienti abituali.
Qui non c'è nulla di tutto questo.
Qui c'è silenzio. C'è il vento gelido e le insegne intermittenti. C'è ordine e non ci sono carte per terra o artisti di strada. Ci sono tantissimi bambini ma nessuno strepita o fa i capricci. Tutti elveticamente silenziosi.
Ma il lago, Leo. Il lago... Non ti so spiegare.
Un pò fuori dal centro, camminando nel verde, si trovano delle panchine su posti strategici, per chi vuole fare una pausa. Per me che scrivo, ti assicuro, è come un pieno di benzina.
I nuvoloni nel cielo mutano forma continuamente, modellati dal vento e i riflessi sull'acqua cambiano in continuazione. Quando si apre uno spiraglio che ne illumina una parte è, parafrasando Neruda: "come un pezzo d'oro che si accende". Piccolissime onde si infrangono sulla riva e lo sciabordio è come un balsamo per chi è addolorato.
Questo, credo, sia il motivo della magia. Questo ciò che ha attratto quegli artisti.
Se hai un dolore, una ferita, un dispiacere; se sei esule o solo, allora il lago diventa amico e medico.
Non è il silenzio sacro e assoluto delle Dolomiti e nemmeno l'allegra sinfonia del lago di Bracciano.
E' un silenzio umile, interrotto dai suoni della natura e nient'altro. E dal fischio del vento.
Se è ciò che cerchi, allora lasciati la città alle spalle e dirigiti verso Losanna in linea d'aria. E' lì il vero cuore della città.
E' quella la "mia" Ginevra.
Un forte abbraccio
Comunque, per supportare la tua analisi, mi pare di ricordare che nelle sue lettere Dostoevskij scriveva di odiare la città e la gente di qui, e che era ben lieto di aver trovato il soggetto per un nuovo lavoro che l'appassionava: l'Idiota, appunto. Vero è che si era in inverno, e il paesaggio desolato non aiutava. Però lui, che viveva a San Pietroburgo, ci doveva essere abituato.
RispondiEliminaSua figlia è sepolta qui, invece. Amava la città.
Caratteri diversi?