[Suggerimento musicale per la lettura: Harry Potter, In Noctem]
Come scrivevo in questo post, quattro sono le parole del mago, quattro parole alla base di ogni atto creativo.
La prima è SAPERE.
Secondo Eliphas Levi, il sapere è “un’intelligenza
illuminata dallo studio”.
“Intelligenza” deriva dal verbo intelligĕre,
"capire".
Intelligĕre è una contrazione del verbo latino legĕre,
"leggere", con l'avverbio intus, "dentro". Intelligente,
quindi, è colui che “legge dentro”, che va oltre la superficie e raggiunge il
significato delle cose, in profondità.
Per sapere, è necessario avere un’ attitudine ad
andare oltre l’apparenza delle cose, del già dato, del conosciuto.
Tolstoj alla scrivania |
Il 1 novembre 1864 Tolstoj scriveva a Fet: “non scrivo
nulla, ma lavoro fino al tormento. Non vi potete figurare quanto sia difficile
questo lavoro preventivo di aratura profonda del campo su cui dovrò seminare.
Meditare e ripensare tutto ciò che può accadere a tutti i futuri personaggi
della presente opera, assai vasta, e riflettere su milioni di combinazioni
possibili, per poi sceglierne la milionesima parte, è tremendamente arduo. E di
questo io mi occupo”.(1)
L’opera era “Guerra e pace” e lo scrittore impiegò cinque
anni a scriverla.
Emilio Salgari, il creatore di Sandokan, non visitò mai la
Malesia, le isole dei Caraibi o l’India, ma le studiò attraverso le enciclopedie, le
riviste di viaggi e i libri scovati nelle biblioteche di Verona e Torino.
Scrisse più di 80 libri, la maggior parte dei quali ambientati in luoghi che
non vide mai.
Prima di creare qualsiasi cosa, bisogna SAPERE, e sapere è
anche esperire. Vivere.
Se non si è mai amato nessuno, come si potrà scrivere
dell’amore? se non si è mai fallito, come si potrà trasmettere ai propri simili
il dolore della perdita?
Sapere non è facile. Richiede, come tributi, pezzi di
sé.
Solo se si è disposti a lasciare il vecchio per il nuovo, a
mettere in discussione le certezze, le sicurezze, il tepore del conosciuto, si
può conoscere davvero.
Perdere pezzi di sé è la conditio sine qua non di qualsiasi
atto creativo.
Tolstoj cambiò molte volte l’impianto del suo romanzo e
mentre scriveva studiava le cronache, le lettere, le testimonianze della guerra
di cui voleva raccontare.
La contessa Tolstoj annottava nel suo diario: “Lévocka
(diminutivo familiare di Lev) in tutto questo inverno è irritato, scrive tra le
lacrime e con agitazione”.(2)
Se non si crea “con agitazione” e perché non si ha nulla da
perdere, non si sta mettendo in campo la cosa più importante: la possibilità di
perdere le proprie certezze, la sicurezza del conosciuto, il benessere di ciò
che è familiare.
Non si sta andando oltre, non si studia, non si esperisce.
Non si SA.
Un esercizio utile è quello di imporsi, almeno una volta a
settimana, di dedicare del tempo alla lettura di un romanzo, di un saggio, visitare
una città o scoprire angoli nuovi di quella in cui si vive, chiacchierare con qualcuno facendosi
raccontare esperienze diverse dalle proprie, ricordi, nuovi punti di vista.
(1) TOLSTOJ, L., Guerra e pace, Roma, Gherardo Casini Edizioni Periodiche, Gennaio1966, pag. 8 dell' Introduzione.
(2) Ibidem, pag. 11 dell' Introduzione.
(1) TOLSTOJ, L., Guerra e pace, Roma, Gherardo Casini Edizioni Periodiche, Gennaio1966, pag. 8 dell' Introduzione.
(2) Ibidem, pag. 11 dell' Introduzione.
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